La Tuberosa: fiore dal profumo proibito

La tuberosa (Polianthes tuberosa) appartenente alla famiglia delle Amaryllidaceæ, ha foglie carnose a rosetta e radici tuberose, con fiori bianchi profumatissimi riuniti in spichette. E’ originaria del Messico, dove fu coltivata in epoca precolombiana dai nativi americani, dove veniva tradizionalmente usata per profumare il cioccolato, e in seguito dagli Aztechi, i quali usavano chiamarla omixochitl ossia “fiore-osso”, termine probabilmente dovuto ai fiori cerosi e bianchi iridescenti caratteristici della pianta. Fu merito degli spagnoli da una parte, letteralmente innamorati di questa pianta, e di un missionario francese dall’altra, che l’arbusto fu importato nel vecchio continente dove per molti anni fece parte del bouquet dei famosi giardini lunari, una collezione di fiori dal pallido colore bianco argenteo o pastello, in grado di emanare il proprio effluvio odoroso solo dopo il tramonto. Questi paradisi erano molto in voga tra le “ladies” d’epoca vittoriana per esaltare ulteriormente il candido pallore del loro incarnato. Oggi, la tuberosa è coltivata diffusamente anche in Marocco, Francia, Sud Africa, isole Comore, Hawaii, India e Cina.

Il nome del fiore – derivante dal greco “πόλις polis = città” e da “ανθος anthos = fiore” – associava il profumo e la bellezza del vegetale ai giardini delle città. L’aggettivo tuberosa è invece riferito all’apparato radicale molto sviluppato, formato appunto da un tubero. La pianta generalmente non produce più di tre o quattro fiori per spiga, ma esiste una varietà, chiamata “la perla”, in cui abbiamo la fioritura di circa venti fiori per ramo. I suoi fiori sono di colore bianco perchè la tuberosa fiorisce di notte, quando i colori non si vedono; per attrarre gli insetti impollinatori quindi, lei e gli altri fiori bianchi (tra cui gelsomino, fiordarancio, magnolia, ylang ecc) hanno dovuto ricorrere ad una strategia meno "visiva" ma altrettanto potente: un profumo così forte da stordire.

Fiore del peccato, dalla scia carnale e conturbante, nel Rinascimento alle giovani fanciulle era proibito annusare il suo profumo narcotico per non “cadere in tentazione”. Analogo divieto era applicato anche in India – dove il suo nome ki rani significa ”corteggiatrice della notte” – in quanto si credeva che il suo profumo potesse far cadere in un oblio di sentimentalismo da cui era impossibile sottrarsi.

Questo fiore è studiato non solo dal punto di vista olfattivo, ma anche per le sue proprietà terapeutiche. Nella medicina ayurvedica l’essenza estratta dalla pianta è utilizzata per incrementare la capacità di provare sentimenti, amplificare l’ispirazione artistica e la creatività, stimolando la parte destra del cervello: dona serenità alla mente e al cuore.

In profumeria è una nota usata con parsimonia per il suo carattere esuberante che la rende difficile da accoppiare: sia gli agrumati che le materie prime fresche non sono adatti al suo carattere poco accomodante, mentre le note animali e legnose vanno dosate con attenzione per non svilire il lato fiorito che la caratterizza.



Nuit de Tubéreuse de L’Artisan Parfumeur è un profumo romantico, un profumo bello e contradditorio: una fragranza dai toni morbidamente legnosi e speziati che rendono questa tuberosa audace e contemporanea. E’ il racconto di una segreta notte d’estate a Parigi che ruota attorno all’ambivalenza della tuberosa, fiore dalla tenera purezza ma anche dalla narcotica voluttà che in questa composizione si esprime in molteplici sfaccettature.
Una fragranza senza sesso che portata da un uomo ne svelerà estro, sensibilità e romanticismo… sarà impossibile passare inosservati!

Indossata da una donna sulla pelle ne esalterà le note fiorite e da un uomo vaporizzata sui vestiti (l’interno della giacca, il foulard ed il cappello) sarà per entrambi il segno distintivo di raffinatezza, ricercatezza ed esclusività, una battaglia di seduzione da giocare ad armi pari!



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